L’Australia non è Catania
che puoi andarci e tornare in giornata.
Emigrasti un giorno
con moglie e figlia e l’idea del ritorno.
Poi ti accorgesti che loro
non volevano più tornare.
Disperato ti sei ammalato.
Sono comparse le voci
parole in dialetto siciliano
che ti rimproveravano.
“ Per guarire devi tornare in Italy “
Dicevano i medici e sentenziò
un monaco di Melbourne
e così partisti lasciando moglie e figlia,
sperando che ti avrebbero raggiunto.
Li perdesti.
Per il biglietto del treno non pagato
finisti in carcere e poi per un litigio
al Manicomio criminale di Castiglione delle Stiviere
per due anni.
Da lì al manicomio di Roma e Siracusa.
Poi tornasti al tuo paese, Licodia Eubea.
Non avevi soldi, né lavoro, né casa.
Dormivi al Comune.
Una sera per scaldarti dal freddo
accendesti un fuoco
che si propagò e accese il Comune.
Ti mandarono al manicomio di Palermo
dove rimanesti otto anni.
Ora in questo manicomietto per cronici
senza speranze e desideri
aspetti di finire
l’ultimo atto della tua vita.
Parlando di tua figlia
ti si sono accesi gli occhi.
Hai una foto,
non della moglie però,
che guardi con gioia.
Com’è buffo!
Per un biglietto di treno non pagato
farsi due anni di manicomio criminale.
Nessuno ti capì.
Per voler tornare in Italia hai perso moglie e figlia
e qui ti aspettava il manicomio.
Se fossi rimasto in Australia
la tua vita avrebbe preso una direzione diversa.
Già avevi 58 anni e non volevi morire in Australia.
Il mito delle radici, del ritorno
alla propria terra, al paese, ha vinto,
istinto incontrollato
che ti ha portato alla rovina.
Il volto buono, come di saggio,
s’accende d’un sorriso:
il tuo corpo, dopotutto però, dici,
sarà seppellito in Italia,
al cimitero del tuo paese,
accanto alle tombe dei tuoi genitori.
Caltagirone, 03/05/1986