La mia voce materia e sangue
nudità dolorante
nel suo primo costituirsi in forme
è un’onda che parte da dove non so
freccia perforante
e arriva a dove non so
in queste distese vaste di universi.
La mia voce urlo balbettante alla partenza
corre sui fili di spazio e tempo
ancora dolorante nella carne
trasforma il dolore in inno.
La mia voce è il vento primo movimento
efflagrato dall’ammassarsi silenzioso
di materia silenziosa forzata alla compressione.
Dal suo spandersi un urlo
un vento che ancora non ha fine e non trova
un muro al suo dolore alla sua gioia.
Urlo e vento che saltano d’onda in onda
che corrono senza fine.
Emerso dagli abissi di molecole e carne compresse
antico primigenio urlo di vento
mi propago in forme effimere
per arrivare su dorsi d’onde e riversarmi
in larghe battigie dolcemente effluire
per poi ritornare e riprendere il gioco di vita e
morte
senza mai finire perdendo
nel lunghissimo tragitto di miliardi di millenni
la coda senza mai finire.
Il vuoto da me lasciato inghiottirà con voracia
tutto quello che mi è vicino per di nuovo
costituirmi ingozzarmi di molecole materia
informi invisibili per poi pieno dopo
assestamenti interni efflagrare in miliardi di forme
sangue e carne urli di vento di nuovo senza fine.
Nel tempo la storia costruzione difforme
d’ innumeri esistenze che prima di perire si propagano
nascenti ad altre forme.
Il mio urlo è dolore di vita e gioia di morte.
A te vengo sull’onda di millenni
con l’eredità di miliardi d’ uomini
antico vento passione nuova
imperitura
sino alla scomparsa del cosmo.
A te vengo in questo rinnovarsi della vita
veicolo di geni
celebrando gli antichi rituali d’amore
che la mia gente nello spessore dei secoli ha
costruito.
Nell’orgasmo ch’esplode gemiti d’ urli silenziosi
dolorosa voluttà gioiosa della materia nel suo
rinascere
in te amata
sin dentro la buia luminosità
delle profondità della carne mi depongo
essenza germinale.
Roma, 1994