Conchiglie

Col loro bianco stanno là
a raccontare all’aria, all’erbe sporgenti
di scogli terrosi, ai cespugli, la loro storia,
i cicli della loro vita, le ricchezze,
le soffocanti bellezze dei giorni soleggiati
e dei giorni di pioggia, gli amori
che hanno avuto, che hanno visto.

Noi due amore, la nostra storia
già queste conchiglie la sanno,
l’hanno vissuta tante volte,
storia che si rinnova e si ripete negli anni del tempo.

Il tempo che è inciso in ogni angolo
di queste scogliere scavate dal mare
che ora leviga che ora scava,
rughe sulle rocce come i giorni e
le preoccupazioni sulla pelle del volto.

Queste rocce sono tanti volti
e un solo volto, registro del tempo.

Qui non c’è adolescenza o gioventù,
gli occhi sono pietrificati
e folgorano i nostri che li fissano.

I cespugli secchi, le conchiglie imbianchite
dalla noia solare, un caldo che ad ondate
percorre e prorompe sulla pelle,
un bruciore secco che chiude la gola
e nel mare le schegge del sole che accecano.

Migliaia di vermi affollano gli scogli
più vecchi, più vicini al martello delle onde.

Acqua stagnata che nel riflusso dei giorni
è rimasta ingabbiata fuori dalla vita,
a due passi da essa, nella stanchezza
dei solchi e degli infossamenti.

Acqua ormai sale.

Il vento, solo il vento porta note
di vita nuova e ti fa ricordare il futuro
nell’insufflarti i polmoni,
nel rinnovarti in questo tempio del passato.

Il vento e noi,
testimoni che la vita trascorre
e non si è fermata,

il fiore del nostro amore
della nostra giovinezza, che ogni
millimetro di questo angolo trapassato
di civiltà, dalla civiltà dimenticato
ci spinge a più amare e coltivare più intensamente.

Siracusa, 1972