In memoria di Don Santino Interlandi

Con il decesso di Don Santino Interlandi chiude l’ultimo esercizio commerciale del novecento floridiano.
Era il punto di riferimento anche per i cittadini dei paesi vicini, perché lì si trovava qualsiasi prodotto, anche quelli difficili da reperire.
La sua mente era un computer: bastava chiedergli il prodotto desiderato e subito elaborava quando era stato commissionato, la quantità, le persone a cui era stato venduto, quindi stabiliva se ce n’era in magazzino.
Per la verità, di magazzini ne aveva diversi attorno alla piccola sede centrale di Via Archimede angolo Romagnosi. In tutti regnava un disordine per l’eccessiva quantità di merce che trattava, ma si poteva esser certi che il prodotto, dopo ricerche, saltava fuori.
Se non veniva trovato, ciò era a causa di qualche mascalzonata che qualche dipendente aveva combinato. Si, perché don Santino accoglieva tra i suoi collaboratori anche gli emarginati (ex carcerati, drogati, ragazze madri) in virtù del SUPERIORE PRINCIPIO CHE LA SOCIETA’ DEVE FAVORIRE LA RIAMMISSIONE.
Per lui era motivo di disonore non servire il cliente, qualunque fosse la richiesta.
Ricordava a memorie i numeri telefonici dei fornitori, che chiamava fino a trovare il prodotto richiesto. In perfetto italiano comunicava, sia con i familiari, che con i clienti, riuscendo, nonostante i ritmi moderni, a stabilire un dialogo su qualsiasi argomento. Già alla scuola elementare era di un’intelligenza superiore alla media, riconosciuta dai suoi compagni di classe, che lo ammiravano.
Purtroppo già orfano di padre (imprenditore edile e commerciante), finita la scuola elementare dovette andare a fare l’apprendista artigiano, anche perché la madre, insegnante elementare, era stata licenziata dalla scuola perché non fascista.
FORSE CASO UNICO NELLA STORIA DI FLORIDIA, CHE DIVENTA ANCORA PIU’ ESEMPLARE PERCHE’ VEDOVA CON QUATTRO FIGLI DA MANTENERE.
Già a diciassette anni ritroviamo don Santino artigiano con bottega e collaboratori, che non si limitava a fare prodotti su ordinazione, ma li faceva anche in serie, andando poi a venderli nelle varie fiere. Il suo era un artigianato avanzato.
Ma aveva un difetto: amava la lettura che curava, la poesia che recitava, il teatro che rappresentava, ma, soprattutto amava il dialogo, l’analisi, l’approfondimento, la critica su qualsiasi argomento, insomma pensava con la sua testa. E per questo difetto pagò anche lui di persona: infatti fu picchiato dalle locali squadracce fasciste, anche pubblicamente.
NON SI E’ MAI VANTATO di questo prezzo che ha pagato per la libertà, né del sacrificio della madre vedova.
Il regime, cha aveva trattato così male la famiglia Interlandi, se ne serviva, però,quando c’era l’arruolamento per le guerre….
Finita la seconda guerra mondiale, don Santino riorganizza la sua azienda artigianale, che diventa pubblicamente un luogo d’incontro della sinistra floridiana: mentre gli artigiani e gli apprendisti mantenevano i loro ritmi di lavoro si discuteva accanitamente di politica, filosofia, economia, religione, insomma non c’era argomento che non venisse sottoposto ad acceso confronto. Il dibattito, dopo tanti anni di forzato silenzio, era la vita per gli adulti e suscitava attenta curiosità nei giovani.
Quasi tutto l’anno si lavorava all’aperto, sul marciapiedi e quindi si formava sempre un bel “rutulacchiu” attorno alle bancarelle di lavoro.
Con il passare degli anni, mentre l’artigianato si è notevolmente ridotto, don Santino sviluppava l’attività commerciale di prodotti i più svariati arrivando persino a fornire miele e mandorle alla Perugina alla cui direzione si era presentato senza alcuna referenza. La sua è stata una vita intensa dedita alla famiglia, al lavoro e al dialogo.
Rimasto vedovo giovane non ha pensato a ricostruirsi la vita, ma a lavorare con maggior impegno, riuscendo a far laureare tutti e quattro i suoi figli, fatto allora insolito nella Floridia di quel tempo.
Nonostante avesse avuto negli ultimi mesi un crollo fisico e nonostante i suoi novanta anni, ha cercato di aprire il negozio per qualche ora, ma più per dialogare con i clienti, che per vendere.
Con lui scompare forse l’ultimo punto di riferimento del novecento floridiano, ma sicuramente l’unico punto di incontro di persone amanti della discussione, del confronto, della critica.

Aprile 2003
RICCARDO BELTRAMI

Questo scritto è di Riccardo Beltrami e mi è stato dato da lui stesso dopo alcuni giorni dalla morte di mio padre, avvenuta il 3 Aprile 2003.
Riccardo era amico di mio padre da antica data.
Devo comunicare a Riccardo la grande commozione che ha suscitato in me con il richiamare alla mente tanti ricordi e lo ringrazio affettuosamente.
Per la importante valenza affettiva che ha per me questo scritto di Riccardo ho ritenuto di doverlo inserire in questo mio sito.