NOI PRIGIONIERI DI TE, TU PRIGIONIERO DI NOI

Mi sveglio che il sole è alto ed entra
allagando di luce la mia stanza. L’azzurro
mi sorride dai vetri invogliandomi ad alzare
e uscire e andare per le larghe e deserte
strade della città. Tra poco fuggirò. Andrò via
da questa casa verso i luoghi della mia infanzia
soleggiata. Brucerò i chilometri in pochi minuti
fendendo l’aria e correrò per le vie polverose
di un paese di dieci anni fà. Con mio nonno
andrò in campagna sul suo carretto trainato
dalla mula e là sotto le frondi il progenitore
m’insegnerà le formule per capire
la terra gli alberi il cielo.
Gioco con i bambini. Le fanciulle vestite
di bianco con un fiacco bianco sui capelli neri
ci guardano ridendo tra loro e hanno timore
di avvicinarsi. Le campane suonano la messa che ci sarà.
Le campane che hanno sempre suonato
e suoneranno senza smettere mai. A quel suono
è legata una parte della mia vita che adesso
viene portata dagli stessi suoni a dileguarsi
ed espandersi nei cieli chiari del mattino
sopra i palazzi i campi e il mare.
Tra poco fuggirò spalancate tutte le porte,
la bellezza di questo fortunato giorno
di Marzo entri piena ad avvolgere
tutti gli oggetti e i soggetti rendendoci
dimentichi del calendario e della sveglia.
Bagnatevi dell’aria luminosa e profumata che
vi viene incontro e tralasciatevi alle ondulazioni
gioiose come le tendine di seta dietro i vetri
che non ci sono. Sollevatevi e volate con essa
e fuggiamo insieme nel regno dell’udito dove
percepiremo ogni cosa senza vederla. Le visioni
ci provengono dall’interno. L’esterno è un eterno
e pauroso nulla. Nuotiamo insieme dentro gli abissi
dei mari tempestosi e sereni che scopriamo
nel nostro sangue. Da questi luoghi non potremo
fuggire, già mi sento trascinato da vorticose
onde sempre più in fondo. “Non usciremo più
non usciremo più ” ripetono i gabbiani che volano
nel profondo di questi miei mari. “Noi prigionieri
di te tu prigioniero di noi assieme non usciremo
più”. Sbatto la testa da ogni lato e traballo
con le correnti che creo. Ho voluto rientrare
nel mio regno e ora gli occhi non possono neanche
piangere stretto nel vortice di me stesso.
“Noi prigionieri di te tu prigioniero di noi”
ripetono i gabbiani cantando e librandosi
nell’acqua come nell’aria.Tra poco anche tu sarai
libero dalle catene delle correnti e sarai come noi.
Ti aspettiamo e poi voleremo impregnati in ogni
cellula dalla gioia di vivere e forti come leggeri
solcheremo tutti i mari i cieli e le terre
che si nascondono nelle più oscure fibre del nostro essere
e le porte della meravigliosa gioia si spalancheranno
al nostro passaggio bagnandoci della loro profumata
essenza. Per ora lotta e soffri la scoperta
di te stesso e non opporti con troppa forza
al flusso delle correnti che ti percorrono,
cerca d’immedesimarti in ognuna di esse
sfuggendo alla personalità che ti hanno
fabbricato gli altri dall’esterno. Le correnti
fanno proprio questo, distruggono il tuo falso
Io per riportarti alla purezza originaria
di quello vero. Noi non possiamo far nulla
al momento per te. “
Percepii queste parole dei gabbiani e un lampo
illuminò per un breve tratto quella parte
dell’orizzonte che guardavo da tempo con sforzo
come avvertito da un sesto senso,
ma che fino ad allora era rimasta buia.